26 litografie
di Ottavio Codecasa e Marco Moro
(1841-1844)

GLI AUTORI

A Marco Moro e Ottavio Codecasa si deve buona parte della diffusione nel Friuli e nel Veneto della pregevole tecnica della stampa litografica, avviata a Monaco, intorno all’anno 1800, dal tipografo praghese Aloys Senefelder; le tavole dell’Album pittorico del Friuli, impresse quarant’anni dopo, sono da considerare un ottimo risultato artistico.
I nostri Autori manifestano un alto livello di perizia in questo rivoluzionario tipo di stampa, il cui principio generale si basa sul fenomeno della repulsione fra i corpi grassi e l’acqua: mediante la pressione di uno specifico torchio, l’immagine viene trasferita da una matrice piana su un foglio di carta; la novità consiste nel fatto che la matrice è costituita di una speciale pietra calcarea (pietra bavarese) che viene disegnata, specularmente, con una matita grassa.
Queste righe sintetizzano, forse con troppa semplicità, un processo tecnico che è in effetti complesso e richiede una notevole abilità e una stretta collaborazione degli artisti con il laboratorio.
Marco Moro nasce a Zenson di Piave il 9 dicembre 1817, da una famiglia abbiente che, con lungimiranza, asseconda la sua propensione all’arte e al disegno, iscrivendolo all’Accademia delle Belle Arti di Venezia.
L’allievo si distingue subito, meritandosi una segnalazione in una prova di prospettiva: l’insegnante gli riconosce: «una prospettiva assai bene attagliata al concetto e ricca di unità e di armonia, e una molta accuratezza del disegno e diligenza». Queste doti sono le stesse che ritroveremo espresse nella sua considerevole produzione artistica.
L’attività professionale si svolge fra Venezia e Udine, ed è in quest’ultima città che intraprende la collaborazione con la Litografia di Luigi Berletti.
Nel 1841, inizia l’intesa con Ottavio Codecasa, che sarà anche editore dell’Album pittorico del Friuli. Di Codecasa, anch’egli provetto disegnatore e litografo, non si hanno precise notizie biografiche (verosimilmente 1810-1870), se non riferimenti alle numerose opere alle quali ha collaborato, spesso come editore.
Moro quindi si specializza in vedute, tema particolarmente consono a chi lavora con la tecnica litografica, in quanto consente di ottenere alti livelli espressivi grazie all’uso delle sfumature e ai contrasti giocati sul bianco e sul nero; lo testimonia il fatto che il cielo è sempre rappresentato con le nuvole.
Si dedica con passione a riprodurre i panorami di Venezia, Padova, Verona, Vicenza, Udine e Trieste e di altre località minori. Negli ultimi anni della sua vita, conclusasi il 27 febbraio 1885, insegna disegno nella scuola femminile di San Geremia a Venezia.
Nelle sue vedute la descrizione delle città e degli edifici è particolarmente precisa e minuziosa, ma quando il disegno riguarda i declivi, la vegetazione e il cielo, la sua sensibilità artistica si esprime nell’armonia delle tonalità; per ricordare le parole di Clelia Alberici, che lo ha studiato approfonditamente, con lui, in qualche occasione, si manifesta l’arte del giardinaggio romantico.

LE LITOGRAFIE BERLETTI E LINASSI

Luigi Berletti in Udine.
Iniziata l’attività come libraio e cartolaio, Berletti dà vita ad uno stabilimento tipografico e litografico artistico molto conosciuto ed apprezzato, concentrando l’attività sulla stampa di vedute e sulle edizioni musicali di pregio, ricercate dai massimi musicisti dell’epoca. Ma i suoi più significativi interventi culturali sono la creazione di una biblioteca circolante di 1400 volumi e l’apertura di un Gabinetto di lettura in Udine.

Bartolomeo Linassi in Trieste.
Libraio di origine veneziana, inaugura a Trieste, nel 1839, il laboratorio litografico. Sarà citato nelle guide della città fino alla fine del secolo ed eseguirà lavori rimasti celebri come la serie dei “Ritratti di uomini illustri” e l’album di vedute “Viaggio pittorico nel litorale austriaco”, edito dal Lloyd nel 1842. Inoltre pubblicherà opuscoli di argomento vario, scritti devozionali, regolamenti sulla navigazione, carte geografiche, vedute di Trieste e dei suoi palazzi, inseriti in svariate pubblicazioni.

Note bibliografiche

Le prime vedute dell’Album pittorico del Friuli furono stampate a Udine, presso la litografia Luigi Berletti, a partire dal 1841.
Il bibliografo Giuseppe Valentinelli descrive la raccolta come composta di dodici tavole in folio, disegnate dal vero da Ottavio Codecasa e Marco Moro, trasferite sulla pietra principalmente da quest’ultimo, ma in alcuni casi anche dal Codecasa, come risulta dalle didascalie.
Le vedute di questa prima serie erano dedicate alla città di Udine e ai suoi dintorni. Il gradimento ottenuto dalla pubblicazione promosse successive ristampe, con l’aggiunta di altre località.
Questo può giustificare il fatto che nella nostra raccolta ci siano 2 tavole frontespizio: una porta la dicitura Udine, figurata con due medaglioni recanti vedute di Udine e lo stemma; nell’altra, ricca di festoni e grottesche, si evidenzia la scritta fascicolo n. 2. Ambedue sono state stampate nel 1841, dai due laboratori litografici già citati. Il frontespizio della lito udinese è stato disegnato dall’incisore G.B. Garlato.
Il nostro album, l’unico ancora conservato integralmente, è stato legato certamente dopo il 1844, come si può dedurre dalla datazione delle litografie che risalgono ai tre anni precedenti. Sei di queste provengono dalla tipografia Berletti, le rimanenti venti dalla bottega di Bartolomeo Linassi.
La scritta Friuli campeggia nella parte alta, fuori dalla cornice, in tutte le stampe, eccetto in quella dedicata al monumento della Pace di Campoformido, che non risulta edita da Codecasa, come le altre 25.
È probabile che l’editore si sia occupato anche della legatura delle tavole, nonostante la semplicità della stessa faccia sorgere qualche dubbio in merito.

Bibliografia relativa alla composizione dell’Album pittorico del Friuli.

Monografie Friulane, stampate dalla Tipografia Vendrame, Udine 1847.
Compaiono quattro tavole fuori testo relative a vedute dei nostri Autori ma stampate in misura ridotta. Di queste, tre sono le stesse del nostro Album; la quarta, la Piazza Contarena di Udine, è diversa e pertanto possiamo pensare facesse parte della composizione iniziale di dodici tavole e che di queste alcune fossero anche stampate in misura ridotta.

Giuseppe Valentinelli, Bibliografia del Friuli, Venezia 1861.
Riferisce di una prima composizione in XII tavole, datandola addirittura 1840.

Clelia Alberici, Marco Moro, litografo vedutista, senza editore, Milano 1977.
Il saggio riporta nelle note la descrizione di Valentinelli, ma poi elenca le stesse stampe del nostro Album; afferma di averlo «ricostruito nella sua interezza», ma lo descrive con un ordine diverso di presentazione delle tavole. Asserisce che l’unico esemplare ancora integro è quello del Dott. Nob. Carlo Orgnani, che è proprio quello che oggi stiamo commentando e riproducendo per gentile concessione del figlio Antonio.

Valerio Rossitti, Dizionario degli incisori friulani, Del Bianco Editore, 1980.
Nomina la prima edizione di 12 tavole e propone le immagini delle cadute d’acqua (la 23 e la 24 del nostro Album) definendole «lito successive all’Album pittorico».

Giovanni Comelli, Arte della Stampa in Friuli, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia, Udine 1980.
Riporta una veduta titolata Città di Pordenone diversa da quella della nostra cartella.


Bibliografia generale

G. Prati, La Marescialla d’Ancre, libretto d’opera con musica di A. Nini, Tipografia di Liberale Vendrame, Udine 1839. Ottavio Codecasa vi è citato come scenografo.

Henri Bouchot, La lithographie, Librairies-Imprimeries Réunies, Paris 1895.

Giovanni Del Puppo, La nostra bella piazza Contarena, da La Panarie, Anno III, n. 13, pagg. 1-23, Udine 1926.

Pier Silverio Leicht, Breve storia del Friuli, IV edizione, con aggiunte di Carlo Guido Mor, Udine 1970.

Andreina Ciceri, Tradizioni popolari in Friuli, Chiandetti Editore, Reana del Roiale 1983.

Tiziana Ribezzi, Per lo studio dell’abbigliamento tradizionale: Atti della giornata di studio “Gaetano Perusini a dieci anni della scomparsa”, Comune di Udine, Museo Friulano delle Arti e Tradizioni Popolari, 1987.

Giuseppe Bergamini, Cristina Donazzolo Cristante, Udine illustrata. La città e il territorio in piante e vedute dal XV al XX secolo, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia, Udine 1992.

Gianfranco Ellero, La storia del Friuli, in 52 fascicoli, Newton Periodici Locali, Roma 1997.

Personaggi e costumi.

L’ampia gamma di disegni ci permette di scoprire numerosi aspetti della vita dell’epoca; l’abbigliamento, in particolare, si rivela specchio di una comunità, un microcosmo che offre dei segni per conoscere meglio processi di trasformazione in cui agiscono fenomeni di carattere economico-sociale, culturale, di prestigio.
Si notano evidenti differenze di condizione economica e sociale, di mestiere, di età, di uso feriale e festivo, di stagione.
Le stampe dedicate al centro di Udine descrivono, fra realtà e qualche libertà pittorica, una città che deve offrire un’immagine di ordine, pulizia ed efficiente laboriosità. La città è regia, capoluogo di una vasta provincia: la casa d’Austria esercita il controllo con i gendarmi; strade e piazze sono animate dal ceto di una nuova borghesia che passeggia, si ferma a conversare e ammira i monumenti. Borghigiane e borghigiani si dedicano alle quotidiane occupazioni, si nota qualche aristocratico di passaggio. Contadini e popolani ricordano una città ove la campagna occupa ancora molti terreni entro le mura.
Uomini e donne borghesi vestono alla moda.
Per gli uomini: frac nero o giacca a falde più o meno allungate su panciotto e pantaloni chiari in contrasto, morbida cravatta annodata, tabarro e mantella senza maniche, sopravveste scura, cilindro e bastone da passeggio; le donne indossano la crinolina e vaporose vesti leggere alla Biedermeier, protette da scialli secondo la moda importata dalle Indie.
L’aristocrazia è rappresentata nell’abbigliamento per gli svaghi nella campagna: la redingote da amazzoni, o l’eleganza da passeggio in carrozza, con mantelli, spencer e ombrellino.
Borghigiani e borghigiane sono descritti nell’abbigliamento di mestiere: scalzi ai piedi o con zoccoli; grembiuli onnipresenti sulle ampie gonne per le donne, talvolta anche per gli uomini. Le donne hanno corpetti attillati, smanicati, la copertura delle scollature è fatta di scialli, ampi fazzoletti piegati a triangolo o incrociati in vita.
I fazzoletti sono annodati o con i lembi rovesciati in capo; sottane e corsetti sono in contrasto; i grembiuli grezzi o floreali. Gli uomini per lavorare portano calzoni alle ginocchia, ampie camicie, un fazzoletto annodato al collo, talvolta una corta giacchetta; cappelli a falde larghe di feltro, ma anche la berretta floscia.
Lavandaie, donne che portano i panni lavati su cesti in capo, ortolane, acquaiole, venditrici, carrettieri, cocchieri, artigiani percorrono le strade. Ma ci sono anche dei bambini: l’abbigliamento infantile non si differenzia da quello dei grandi; sono dei piccoli adulti.
I dintorni della loggia comunale e di piazza Contarena sono il luogo degli incontri e degli affari; piazza San Giacomo brulica della vita dei commerci e dei mestieri e la diversità è descritta anche nei particolari del vestire popolare tipico del Regno Lombardo Veneto, di cui il Friuli fa parte: qualche donna ha l’acconciatura ornata da spadine, porta il cappello e indossa gonne arricciate sopra la caviglia, che conferiscono grazia nel camminare.
Le strade della periferia sono percorse dai viandanti. Gli ambulanti hanno la crama o la gerla sulle spalle, una lunga giacca e si distinguono lungo i loro viaggi di paese in paese; i passanti hanno gilet sbottonati sulla camicia o più lunghe casacche smanicate, una corta giacchetta di rustica fattura.
Gli animali sono disegnati con attenzione ai minimi particolari: cavalli, capre, pecore e asini hanno tutti un movimento che li rappresenta nella loro tipicità; i cani si distinguono nelle loro razze: possono essere eleganti levrieri e cani da caccia al seguito del signore o miseri randagi.


Vegetazione.

I panorami dell’Album pittorico sono una testimonianza storica degli aspetti del territorio connessi con la vegetazione; questi meritano un breve approfondimento.
È fuori discussione la maestria degli Autori nel disegno accurato, anche se spesso la morfologia delle piante, nel dettaglio, è frutto di fantasia o di generalizzazione.
L’abilità tecnica è quella di creare l’effetto del movimento delle foglie servendosi di una rapida alternanza cromatica del bianco e del nero.
I fiori non compaiono, se non in due occasioni, volutamente trascurati perchè con l’impressione litografica non era possibile offrire il colore, elemento fondamentale per poterne apprezzare la bellezza. Nell’organizzazione del panorama, la vegetazione è spesso inserita a decoro e riempimento.
È comune a molte vedute di campagna e di collina la presenza di latifoglie, verosimilmente il carpino e il faggio, anche se in quella di Tricesimo i filari disegnati richiamano le piante di gelso; i cipressi compaiono nei panorami cittadini, mentre nelle campagne si possono individuare anche delle vigne.
Le vedute montane, spesso disegnate dal vero, mostrano arbusti di media dimensione, a testimonianza che gli alberi presenti sul territorio erano ancora giovani in quella prima metà del secolo: nel precedente periodo, infatti, aveva preso il sopravvento un diffuso disboscamento, originato dalla necessità di ampliare i terreni destinati alla coltivazione o al pascolo.
Sul monte alle spalle dell’abitato di Paularo, si può intravedere, probabilmente, un esempio di bosco “tenso”, ossia bosco di protezione, fondamentale per la sua funzione di paramassi e per la difesa dalle valanghe.

 

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